Traviata, La

Copertina volume La traviata
12.00€

152 pagine
31 illustrazioni
24 tavole in b/n

Disponibile
ISBN
9 78 - 8 8 - 9 9 57 7-37-7

Mila, l’intellettuale ben temperato
di Alberto Sinigaglia

Le dirò con due parole…
a cura di Andrea Malvano

Fisiologia della Traviata
di Emilio Sala

I Germont: una dinastia di grandi oratori
di Sonia Arienta

Un ritratto
di Alberto Bosco

Rispecchiamenti
di Henning Brockhaus

«Un’opera che fa scattare l’amore per il melodramma».
A colloquio con Donato Renzetti

a cura di Susanna Franchi

Argomento - Argument - Synopsis - Handlung

Struttura dell’opera e organico strumentale
a cura di Enrico M. Ferrando

Le prime rappresentazioni

Libretto

appendice
Celebrazioni Tullio Serafin
1968-2018
La lunga carriera torinese di un direttore internazionale

di Giorgio Rampone

Mila, l’intellettuale ben temperato

di Alberto Sinigaglia

C’era una volta in Italia una critica musicale d’alta classe. Aveva sui giornali lo spazio e il risalto che meritava per il bene della musica, di chi l’ama, la fa, la studia, l’ascolta, va all’opera o al concerto. Massimo Mila, torinese del 1910, fu un protagonista speciale di quella generazione speciale. Il più complesso, il più completo. Un intellettuale “ben temperato” tra studio, lavoro, impegno politico. Lo trovate nella storia della musica: saggista, critico, insegnante. Lo trovate nella storia della letteratura: traduttore, editore, tra i fondatori e i nocchieri della Einaudi con Cesare Pavese e Leone Ginzburg, compagni al liceo classico Massimo d’Azeglio, e con “il Principe”, come chiamavano Giulio il titolare, al quale aveva dato lezioni private di latino. Lo trovate nella storia della Resistenza: tra chi pagò duro l’antifascismo ed ebbe ruoli di comando nelle file di Giustizia e Libertà, tanto che Maria José – come avrebbe raccontato – andò a cercarlo per trattare con i partigiani, salvare il trono e recuperare ai Savoia almeno un po’ dell’onore perduto. Lo trovate nella storia della montagna: escursionista, scalatore, scrittore di alpinismo...


Le dirò con due parole…

a cura di Andrea Malvano

Parlare della Traviata vuol dire parlare di Parigi. Non solo perché la fonte, La Dame aux camélias di Alexandre Dumas figlio, allude a una vicenda di cronaca avvenuta sulle rive della Senna, ma soprattutto perché Verdi aprì il cantiere dell’opera proprio nella capitale francese. Secondo l’editore Léon Escudier fu addirittura presente alla prima rappresentazione della pièce ricavata dal romanzo (il 2 febbraio del 1852):

Verdi aveva assistito una volta alla rappresentazione della Dame aux camélias; il soggetto lo colpì; sentì vibrare le corde della sua lira vedendo l’eroina dibattersi tra la gioia, la vergogna e il pentimento. Al suo ritorno a Busseto schizzò lo scenario della Traviata. E in venti giorni libretto e musica furono pronti ad andare in scena...


Fisiologia della Traviata

di Emilio Sala

Le considerazioni che seguono riprendono in parte alcune questioni da me già trattate in un libro cui non posso che rimandare il lettore1. Non si tratta però di un bis in idem perché mi accingo a ripensare, più che a riciclare, i materiali di partenza. Il modo in cui mi rapporterò alla Traviata di Verdi, cercando di ricostruirne il contesto sonoro contemporaneo (credo infatti che esso giochi nell’opera un ruolo fondamentale), può essere definito – per usare un termine tipicamente parigino – fisiologico.

Parigi e le sue “physiologies”

Vedremo tra poco in che senso la prospettiva qui adottata è di tipo “fisiologico”. Prima però va sottolineato che per seguire il percorso proposto bisogna sgombrare il campo dall’immagine che dell’opera di Verdi – e della Traviata in particolare – ha divulgato Bruno Barilli, per il quale (com’è noto) il teatro di Verdi tutto «s’identifica con il suo paese d’origine»2: Parma e dintorni...


I Germont: una dinastia di grandi oratori

di Sonia Arienta

Violetta, mantenuta d’alto bordo, nonostante sia avvezza al chiacchericcio brillante della vita mondana, si rivela inesperta nell’argomentazione e nel confronto dialettico, alla mercé dell’azione persuasiva-pervasiva dei Germont, padre e figlio. A entrambi, infatti, spetta il compito di influenzare le scelte della protagonista della Traviata, nei momenti-chiave dell’opera; in particolare, in scene senza le quali l’azione prenderebbe altre strade. Ciò avviene nel primo duetto con Alfredo («Voi qui! / Cessata è l’ansia che vi turbò?», atto I, scena III) 1 e in quello con Germont («Madamigella Valery? – Son io» atto II, scena V), il più esteso dell’opera, nonché fra i più lunghi scritti da Verdi. Il risultato di quest’ultimo, un vero capolavoro persuasivo, si riflette nel duettino fra i due (ex) amanti «Mi chiamaste, che bramate» (atto II, scena XIII), dove Violetta si impegna a rendere credibili le proprie menzogne per allontanare Alfredo, quale effetto a lungo termine delle parole di Germont...


Un ritratto

di Alberto Bosco

Quanta gente ancora crede che Giuseppe Verdi sia nato in una famiglia di contadini? Chissà, certo è che di tutti i miti che nei secoli, in particolare nel XIX, si sono sovrapposti alla figura storica di questo compositore, quello delle sue origini contadine è il più rivelatore e da lì si può partire per tracciarne un ritratto. Tecnicamente parlando, Verdi, contadino non lo nacque, ma lo diventò. Era, infatti, nato in una frazione di Busseto che si chiama Roncole – e forse l’assonanza con roncola, attrezzo contadinesco, può aver influito sulla nascita della leggenda – ma suo padre era un oste, sua madre una filatrice e la sua educazione fu borghese. In più, i genitori furono abbastanza aperti da non ostacolare la vocazione del figlio che, seppur instradato un po’ tardi a quella carriera e non aiutato da un talento eccezionalmente spiccato, era quanto mai ostinato a fare di sé un musicista. Secondo alcuni, ricevette addirittura una formazione più ordinata nelle belle lettere – si era pensato di farlo sacerdote – che non in musica, non avendo avuto ad esempio la fortuna di un Rossini di incontrar per la sua strada un maestro del calibro del padre Mattei
all’età dovuta...


Rispecchiamenti

di Henning Brockhaus

Nella gran parte degli allestimenti della Traviata, si può dire fin dall’inizio della sua storia, è stato volutamente occultato l’aspetto della denuncia sociale e morale insita nella storia di Marie Duplessis, poi Marguerite Gautier in La dama delle camelie, poi Violetta Valéry. Lo stesso Verdi aveva avuto dei presentimenti in tal senso e cedette su questo aspetto molto importante spostando tutta la storia nel Settecento, nella speranza che la lontananza temporale rendesse accettabile al pubblico il soggetto dell’opera, di tale scottante attualità, com’era stato nelle intenzioni di Dumas. La traviata era troppo “vicina”. Anche ambientando la storia nell’epoca giusta, nel 1850 o un po’ più tardi, come ormai è uso comune, non cambia la prospettiva, per il fatto che La traviata rimane un’opera in costume e non, come era stata pensata all’origine da Verdi, un’opera di ambientazione contemporanea. La distanza storica permane in ogni caso, ostacolando ogni possibile attualizzazione dei fatti e dei problemi che ne rappresentano lo scenario...


«Un’opera che fa scattare l’amore per il melodramma».
A colloquio con Donato Renzetti

a cura di Susanna Franchi

«No, l’anno non me lo chieda proprio, ma ho un ricordo ben preciso del mio debutto in Traviata – esordisce il maestro Donato Renzetti – sono passati tanti, tanti anni: eravamo al Théâtre du Châtelet di Parigi e c’erano 18 recite in programma, alle prime 6 recite, tutte le volte, alla fine del primo atto c’era qualcuno che telefonava avvisando che c’era una bomba in teatro! Così io, in frac, tutti i musicisti, i cantanti e il pubblico uscivamo in Place du Châtelet e aspettavamo fino a quando la polizia non ci faceva rientrare… non hanno mai trovato il colpevole!».

Da allora ad oggi quante produzioni ha diretto di quest’opera?
Direi sei o sette.

Quanto è cambiata la sua interpretazione nel corso degli anni?
Be’, da quella prima interpretazione giovanile è cambiata molto: oggi sono più consapevole del valore musicale di quest’opera, comprendo meglio le intenzioni di Verdi. Da giovane, quando dirigi per la prima volta un’opera pensi a studiarla e basta; adesso è diverso, e mi sento molto più vicino a Verdi, al valore interiore di Traviata...


Argomento - Argument - Synopsis - Handlung


Struttura dell’opera e organico strumentale

a cura di Enrico M. Ferrando

La traviata conserva la strutturazione “a pezzi chiusi” che il melodramma romantico italiano aveva ereditato dall’opera seria settecentesca: tuttavia nel linguaggio del Verdi maturo la contrapposizione tra momenti lirici (i pezzi musicali veri e propri) e segmenti narrativi è ormai così sfumata che molto spesso è impossibile distinguerli dalla sola cifra del linguaggio musicale. L’articolazione formale tende poi a modellarsi sempre più duttilmente sulle esigenze sceniche ed espressive, cosicché le forme tradizionali vengono talvolta elaborate al punto che risulta difficile ravvisarvi i passaggi canonici, soprattutto nei duetti. Le arie individuali sono invece mediamente più convenzionali, e spesso danno la sensazione di essere motivate, più che da esigenze drammaturgiche, dalla necessità di rispettare le “convenienze” teatrali, in virtù delle quali a ciascuno dei cantanti protagonisti doveva essere riservata almeno un’aria “doppia” (in due movimenti – cantabile e cabaletta – articolati da segmenti di transizione dalla funzione di sviluppo drammatico)...


Le prime rappresentazioni


Libretto


appendice

Celebrazioni Tullio Serafin
1968-2018

La lunga carriera torinese di un direttore internazionale

di Giorgio Rampone

Fu una memorabile edizione di Traviata quella che il Teatro Regio propose il 29 dicembre 1920, con le voci di Ester Mazzoleni e Aureliano Pertile e, sul podio, il quarantaduenne Tullio Serafin, ormai saldamente avviato a diventare, con Arturo Toscanini, il direttore d’orchestra italiano forse di maggior prestigio internazionale, di certo uno dei più contesi. Credo sia difficile sintetizzarne il valore e l’importanza meglio di Giuseppe Pugliese: «Una carriera durata ininterrottamente 66 anni, svolta in tre continenti […], quattro generazioni di cantanti, hanno fatto di lui, per oltre mezzo secolo, il più fedele messaggero dell’opera nel mondo»1. Con un repertorio, naturalmente, di impressionante vastità e qui impossibile
da riassumere, che conta più di cento autori e ben oltre duecento titoli (circa un quarto dei quali in “prima assoluta”) 2...